Roma, 11 gennaio 2016

Attentato alle libertà sindacali e repressione del dissenso

Ormai è acclarato il piano del Dipartimento della pubblica sicurezza e dei vertici politici del Viminale: reprimere e intimidire chi, come il SAP, denuncia ogni giorno le carenze di mezzi, strutture ed organici che mettono a rischio l’incolumità dei poliziotti e la sicurezza dei cittadini. Si vuol colpire uno degli scopi principali del sindacato di polizia che, non avendo diritto di sciopero, ha nell’azione di denuncia il solo mezzo per la tutela dei diritti e degli interessi del personale, compresa la sicurezza sul posto di lavoro. L’obiettivo è quello di limitare le libertà sindacali delle donne e degli uomini in divisa, in un momento storico in cui la classe politica e di Governo si giocano una partita importantissima in chiave elettorale proprio sulla sicurezza. Il pesce grosso che si tenta inutilmente di abbattere è il SAP, perché da due anni siamo gli unici a denunciare urbi et orbi la gravissima debilitazione dell’apparato della sicurezza, colpito dagli scellerati tagli della spending review. Un gioco al massacro che fa leva anche sull’acquiescenza della nostra classe dirigente e della consorteria, di quel sindacato "giallo" prono alle volontà del potentato politico o sindacale di riferimento, in cambio di un piatto di lenticchie. Dopo aver accusato falsamente e sospeso ingiustamente un nostro rappresentante sindacale per aver mostrato in tv a Ballarò un giubbotto antiproiettile scaduto e soprattutto in uso ora si tenta colpire il Segretario Generale del secondo sindacato della Polizia di Stato. Un incarico che ho l’onore e l’onere di ricoprire dal 2014 dopo un congresso che mi ha eletto all’unanimità e col totale consenso della comunità interna, corroborato in questi due anni dalla nostra azione e dalle nostre denunce. Il pretesto per questa proposta di sanzione disciplinare, che mi è stata notificata in Questura a Bologna nei giorni scorsi e che è stata formalmente sollecitata dal prefetto Mazza Direttore delle Risorse Umane, è la mia partecipazione al programma "IN MEZZORA" condotto da Lucia Annunziata - per altro direttrice di Huffington Post - lo scorso 22 novembre quando, in diretta tv, ho indossato una

polo a prova di "cretino" affermando fosse, per contro, una parte della nostra divisa. Avete capito bene? Questo mi è stato contestato. Tutti i telespettatori hanno compreso che si trattava di una polo personalizzata Sap, con un evidentissima scritta completa di logo scoppiò la parola Polizia visto che la P sta per polizia e non per portieri o portantini, con tanto di alamari forniti di bottoni azzurri col logo del nostro sindacato e con una scritta "I LOVE POLIZIA", lunga 28 centimetri e larga 4 con, ricamato al centro, un bellissimo cuore rosso. Per altro, questa polo di mia proprietà - acquistata a libero mercato - è tessuta in materiale differente da quelle dell’Amministrazione, in puro cotone non in fibra sintetica e soprattutto sarebbe bastata una semplice verifica del mio libretto di equipaggiamento per capire che mai il Veca, mi ha fornito polo della polizia.

Gli elementi fondanti della seguente nota a firma Mazza e alla base della contestazione disciplinare sono non veritieri: "... indossava una polo facente parte del vestiario in uso alla a Polizia di Stato (con la presenza degli alamari sul bavero dell’indumento, la scritta "Polizia" e con l’unica variante che sul velcro ove si applica il distintivo di qualifica, era apposta la denominazione SAP".

Come dimostrano in maniera inequivocabile le foto pubblicate e soprattutto il filmato della trasmissione si tratta di una bufala colossale e pretestuosa. Una baggianata partorita male e che finirà peggio, pensata al solo scopo di intimidire, ma che non produrrà alcun effetto. Anzi, un effetto lo ha già prodotto: anche in queste ore la comunità interna - basta dare un’occhiata ai social network - si sta sollevando contro questa decisione.

Non è con la repressione della verità e di chi se ne fa portatore che si possono amministrare gli interessi di una comunità. Queste cose non fanno bene né alla Polizia né all’Italia e, comunque, non ci faremo chiudere la bocca.

Concorso Ispettori, così non va!

Lettera del SAP al Capo della Polizia e a tutte le organizzazioni sindacali di categoria

Egregio Prefetto Pansa,

nella mia qualità di Segretario Generale del Sap, ho partecipato ieri alla riunione autoconvocata dagli esclusi alla prova orale del concorso per 1.400 posti da Vice Ispettore. Credo che le ragioni che i colleghi hanno rappresentato e che hanno determinato un grandissimo sconcerto sfiducia e disapprovazione siano fondati o, quanto meno, meritino di essere considerati. La mia non vuole essere una affermazione populista, ma si basa su alcuni dati certi ed incontrovertibi-

li. Per oltre un decennio non sono stati banditi concorsi interni, creando un vuoto di 25.000 ufficiali polizia giudiziaria. In parte si è sopperito con il cosiddetto "concorsone" per 7.563 Sovrintendenti e anche qui ci sarebbe da scoperchiare un vaso di pandora.

Rimane il fatto che ad oggi mancano circa 15.000 Ispettori. In questo lungo tempo privo di opportunità, dove è stato posticipato il diritto alla progressione di carriera e al miglioramento, si sono accumulate fior di eccellenze interne. Ci sono una infinità di laureati, gente che ha conseguito anche l’abilitazione forense, persone plurititolate, comunque preparate.

Un altro minimo contributo deriva dal concorso in narrativa per 1.400 posti da Vice Ispettore. La preselezione, partita da 20.000 partecipanti, ha "sfornato" 6.355 persone che hanno potuto accedere alla prova scritta. Gente fortemente motivata dalla concreta possibilità di raggiungere l’obiettivo finale e migliorare il proprio percorso professionale. Molti sindacati, come il SAP, hanno organizzato corsi di preparazione.

Altri si sono attivati autonomamente.

Tutti, lo ripeto, hanno messo in campo un impegno fortissimo e un livello di preparazione elevatissimo, dovuto anche e soprattutto all’accumulo di eccellenze che – lo ripeto – nel tempo non hanno mai avuto possibilità di progredire. Il giorno della pubblicazione dei risultati degli ammessi alla prova orale, eravamo confortati dall’idea che la nostra proposta – quella di allargare i 1.400 posti disponibili a tutti gli idonei – fosse stata accolta. Anche perché la prova scritta era obiettivamente accessibile, anche a persone mediamente preparate, figuriamoci a gente laureata e che ha studiato molto.

Ritenevamo, per altro, che fosse anche desiderio, e forse anche interesse, dell’Amministrazione quello di considerare tutti gli idonei, che avrebbero dovuto essere tanti nelle previsioni. Per converso, la pubblicazione di questi risultati ha determinato una vera e propria doccia fredda per la comunità degli aspiranti.

Gli idonei agli scritti sono risultati essere 2.137, 1.472 col punteggio di 35. Pochissimi i voti superiori, poi un vuoto che oso definire "baratresco" per arrivare a 901 persone col punteggio 28, ossia mediocre. Quindi 90 colleghi col 27, 496 col 26 e 832 col 25. La nostra chiave di lettura è semplice, anche se non è detto che sia quella giusta. Forse all’inizio, come da noi richiesto e auspicato, si era pensato ad un allargamento a tutti gli idonei con la possibilità di far entrare 3.000/4.000 idonei.

Poi evidentemente sono mancati i soldi e il numero di idonei non poteva essere così alto. L’impressione è che tutti ne abbiamo avuto un danno: chi ha preso 35 perché il punteggio poteva essere superiore, chi ha preso 28 perché è stato declassato. Ci sarebbero stati altri 400/600 idonei per poterne assumere al massimo 2.000. Se così fosse sarebbe gravissimo. Per altro nei mesi scorsi ho anche scritto una lettera al premier Renzi – pubblicata da Huffington Post – dove chiedevo conto del concorso pubblico da 320 Ispettori che poi è stato bandito.

Un concorso che avrebbe potuto essere evitato perché con le stesse risorse messe a disposizione per assumere 320 Ispettori esterni si sarebbero potuti assumere 6.000/8.000 ispettori provenienti dall’interno. Qualcuno ci ha fatto capire che il concorso esterno si è reso necessario anche per assumere giovani e svecchiare la nostra Amministrazione. E’ ben strano però che si vogliano rottamare persone di 40/50 anni perché non considerate più "buone" quando al Dipartimento si pensa spesso ad incarichi post pensione. Battute a parte, c’è stata una grossa leggerezza e disattenzione. E’ opportuno, pertanto, che il SAP e tutte le sigle sindacali si incontrino coi vertici del Dipartimento per discutere questo problema, in maniera concreta e non pro forma. Riteniamo inoltre che l’Amministrazione debba dare segno di trasparenza agevolando l’accesso agli atti, non frapporre un’inerzia ostruzionistica che ci pare di registrare.

Occorre agevolare l’accesso agli atti per consentire le opportune valutazioni ai colleghi e far scegliere loro se perseguire la via giurisdizionale per un giudizio di comparazione. Le chiediamo, pertanto, di poter porre in essere nel più breve tempo possibile questo incontro e soprattutto di rivalutare da subito i criteri, forse esageratamente selettivi, adottati alla Commissione esaminatrice del concorso che hanno prodotto, evidentemente, i risultati illustrati in questa lettera. Risultati che -ci sia permessa una battuta- ci fanno ben dire che la legge dei grandi numeri almeno stavolta non ha lavorato. Confidando in un cortese e urgente riscontro, porgo distinti saluti.

Gianni Tonelli

Aldrovandi, la Corte dei Conti mette le cose a posto e ristabilisce la verità

Intervista de il tempo al Segretario generale: Video manuale sbagliato, per non rovinarsi la carriera mancò il coraggio di ritirarlo

Sconto di 2 milioni di euro ai Poliziotti coinvolti nella vicenda, riconosciute dunque le responsabilità del Viminale perché i nostri colleghi si sono limitati a seguire alla lettera il manuale di tecniche operative. Casca il castello di vergognose accuse lanciato contro il SAP fin dalla strumentalizzata e taroccata vicenda degli "applausi" e si aprono finalmente le porte per un giudizio di revisione relativo al processo Aldrovandi.

Per aver difeso i quattro poliziotti accusati della morte di Federico Aldrovandi, Gianni Tonelli, segretario nazionale del Sap, è stato massacrato. Ma all’innocenza degli agenti Tonelli ha sempre creduto, e ci crede soprattutto ora che la Corte dei Conti ha quasi cancellato il risarcimento dovuto dai poliziotti al ministero dell’Interno.

Tonelli, il suo sindacato non ha mai smesso di stare dalla parte di forlani, Segatto,

Pontani e Pollastri. dopo la decisione dei giudici contabili si sente appagato?

«È una sentenza che ci riempie di soddisfazione. Il mio obiettivo è sempre stato il raggiungimento della verità. Ho subìto una disumanizzazione, ma oggi so che ne è valsa la pena».

Renzi, Napolitano, Alfano, grasso e Boldrini puntarono il dito contro di lei, soprattutto dopo il video, che si rivelò taroccato, in cui al vostro congresso applaudivate gli agenti condannati.

«Questa gente, così come il Capo della polizia Pansa, dovrebbe sciacquarsi la bocca. Nonostante fosse chiaro che gli applausi trasmessi dai tg si riferissero a un altro poliziotto, nessuno mosse un dito per difenderci. Ma non potevamo aspettarci altro, se pensiamo che il ministero dell’Interno scelse la via della transazione con la famiglia Aldrovandi ammettendo, di fatto, la colpa dei suoi "figli"».

La responsabilità della morte di Aldrovandi, dunque, è del ministero?

«Sì. E ciò significa che avevamo ragione noi e che la mia Amministrazione, il mondo politico e mediatico e i professionisti della menzogna avevano torto. Sono certo, tra l’altro, che se la Corte dei Conti non ha disatteso totalmente la sentenza penale è solo perché c’è una sentenza definitiva che fa stato. Ma i giudici hanno riconosciuto che gli agenti hanno seguito alla lettera il manuale delle tecniche operative. Mi chiedo: perché la nostra amministrazione non ha fornito spontaneamente il video del manuale?»

Già, perché?

«Perché si sarebbero rovinati la carriera, visto che il partito dell’anti-polizia è fortissimo. E perché, certificando che la tecnica impartita è sbagliata, avrebbero dovuto richiamare 400mila agenti per sottoporli a un corso di formazione. Scelta che avrebbe comportato un costo enorme. Molto più semplice pagare 2 milioni di euro».

Questa decisione può portare alla revisione del processo?

«Certo, perché si tratta di un ribaltamento totale della sentenza penale».

tagli della spending review. Un gioco al massacro che fa leva anche sull’acquiescenza della nostra classe dirigente e della consorteria, di quel sindacato "giallo" prono alle volontà del potentato politico o sindacale di riferimento, in cambio di un piatto di lenticchie. Dopo aver accusato falsamente e sospeso ingiustamente un nostro rappresentante sindacale per aver mostrato in tv a Ballarò un giubbotto antiproiettile scaduto e soprattutto in uso ora si tenta colpire il Segretario Generale del secondo sindacato della Polizia di Stato. Un incarico che ho l’onore e l’onere di ricoprire dal 2014 dopo un congresso che mi ha eletto all’unanimità e col totale consenso della comunità interna, corroborato in questi due anni dalla nostra azione e dalle nostre denunce. Il pretesto per questa proposta di sanzione disciplinare, che mi è stata notificata in Questura a Bologna nei giorni scorsi e che è stata formalmente sollecitata dal prefetto Mazza Direttore delle Risorse Umane, è la mia partecipazione al programma "IN MEZZORA" condotto da Lucia Annunziata - per altro direttrice di Huffington Post - lo scorso 22 novembre quando, in diretta tv, ho indossato una

polo a prova di "cretino" affermando fosse, per contro, una parte della nostra divisa. Avete capito bene? Questo mi è stato contestato. Tutti i telespettatori hanno compreso che si trattava di una polo personalizzata Sap, con un evidentissima scritta completa di logo scoppiò la parola Polizia visto che la P sta per polizia e non per portieri o portantini, con tanto di alamari forniti di bottoni azzurri col logo del nostro sindacato e con una scritta "I LOVE POLIZIA", lunga 28 centimetri e larga 4 con, ricamato al centro, un bellissimo cuore rosso. Per altro, questa polo di mia proprietà - acquistata a libero mercato - è tessuta in materiale differente da quelle dell’Amministrazione, in puro cotone non in fibra sintetica e soprattutto sarebbe bastata una semplice verifica del mio libretto di equipaggiamento per capire che mai il Veca, mi ha fornito polo della polizia.

Gli elementi fondanti della seguente nota a firma Mazza e alla base della contestazione disciplinare sono non veritieri: "... indossava una polo facente parte del vestiario in uso alla a Polizia di Stato (con la presenza degli alamari sul bavero dell’indumento, la scritta "Polizia" e con l’unica variante che sul vel-

cro ove si applica il distintivo di qualifica, era apposta la denominazione SAP".

Come dimostrano in maniera inequivocabile le foto pubblicate e soprattutto il filmato della trasmissione si tratta di una bufala colossale e pretestuosa. Una baggianata partorita male e che finirà peggio, pensata al solo scopo di intimidire, ma che non produrrà alcun effetto. Anzi, un effetto lo ha già prodotto: anche in queste ore la comunità interna - basta dare un’occhiata ai social network - si sta sollevando contro questa decisione.

Non è con la repressione della verità e di chi se ne fa portatore che si possono amministrare gli interessi di una comunità. Queste cose non fanno bene né alla Polizia né all’Italia e, comunque, non ci faremo chiudere la bocca.