Numero 28

Roma, 18 luglio 2016

 

La «tortura» del partito anti-polizia

Editoriale de Il Tempo del 15 luglio 2016

Carissimo direttore, butta un occhio a quello che sta accadendo in Parlamento. Fallo per i cittadini prim’ancora che per noi uomini in divisa. Il partito dell’Anti-Polizia sta avendo la meglio sulla brava gente che ha il pieno diritto alla sicurezza. Ieri è stato approvato un emendamento diabolico sul «reato di tortura»: mentre prima si configurava il reato mediante una serie reiterate di più condotte (tipo più percosse e altro) adesso sarà sufficiente un gesto unico (tipo uno strattone) per mettere sotto processo un poliziotto, un carabiniere, una qualsiasi divisa. Ci chiediamo con immensa preoccupazione, dunque, a quali altre aberrazioni si andrà incontro se venisse approvato anche l’emendamento che slega le «sofferenze psichiche » derivanti dal reato di tortura alla loro concreta verificabilità. Si realizzerebbe una situazione assurda, poiché sarebbe punito qualsiasi intervento delle forze dell’ordine che urta la sensibilità dei criminali o dei teppistelli antagonisti figli di papà, concetto del tutto evanescente e non dimostrabile in giudizio. Tutto ciò, oltre a rappresentare una devastante violazione del diritto di difesa per i poliziotti che rischiano la vita nell’adempiere costantemente con coraggio e determinazione ai propri doveri, potrebbe comportare la punizione per una qualsiasi falsa affermazione. La parola del balordo varrà più di quella del servitore dello Stato. Ha presente, direttore, quando un agente intima a un delinquente di indicare il luogo in cui è tenuto prigioniero un ostaggio, altrimenti lo si arresta e si butta la chiave? Ecco, questo da oggi potrebbe diventare un reato, punito severamente e con impossibilità di difendersi. Qui ormai funzona tutto al contrario. La giustizia e la sicurezza, a quanto pare, non sono per la brava gente. Il timore, dunque, è che si voglia inibire e impedire qualsiasi efficacia all’azione delle forze dell’ordine ad esclusivo vantaggio dei criminali e dei devastatori, con un conseguente danno per i cittadini onesti, determinando una vera e propria castrazione per tutte le forze di polizia. Quindi, la prossima volta che vedrete devastare una città, chiamate chi ha approvato questo scempio normativo e chiedete loro di intervenire contro chi si diverte con spranghe, pietre e bottiglie molotov.

Siamo sotto attacco, di nuovo

Siamo sotto attacco. I fatti di Nizza sono agghiaccianti, specialmente perché l’Italia, in questo momento, è l’anello debole del Vecchio Continente e il nostro apparato di sicurezza, lungi dall’essere riformato come si conviene e come da noi auspicato, è stato in questi anni depauperato e ridimensionato nelle sue energie migliori. Non c’è, infatti, soltanto la questione dei tagli ai presidi di polizia (che pure determinerà un colpo non da poco alle crescenti esigenze di sicurezza del nostro Paese, come dimostra il significativo aumento dei reati registrato anche nel 2014). C’è di più: siamo sotto di 17mila operatori nella sola Polizia di Stato, 45.000 tra tutte le forze dell’ordine. Numeri, questi, destinati ad aumentare nei prossimi mesi a causa del turnover al 55%. Tutto questo ha significato e significa un taglio agli uomini migliori che si occupano di indagini e di intelligence, il cuore pulsante del nostro sistema della sicurezza. Altro che riunioni al Viminale di comitati e direttivi che sanno solo reiterare circolari inutili e inapplicabili, buone per gettare un po’ di fumo negli occhi ai media e ai cittadini. Mancano 23.000 quadri intermedi nella Polizia di Stato, 14.000 Ispettori e 9.000 Sovrintendenti: si taglia sulla "materialità", ma anche sulla professionalità, per risparmiare su concorsi, corsi e stipendi. La domanda, dunque, sorge spontanea: può, un cantiere ad esempio, funzionare senza capi reparto? Come possiamo combattere il terrorismo in tali condizioni? Non serve più riempirsi la bocca e piangere lacrime di coccodrillo quando avvengono attentati terroristici come quello di ieri a Nizza. Non servono a nulla le ‘marce della pace’ o le dichiarazioni di solidarietà alle famiglie delle vittime. E’ evidente, infatti, che si pecca di poca lungimiranza; non si comprende che la precaria situazione di oggi è figlia delle scelte infauste e dell’incapacità, da parte del Governo di turno, di affrontare una vera e propria riforma del settore, che produrrebbe più efficienza per i cittadini e minori costi per la collettività. Purtroppo, al di là delle buone intenzioni, fra un mese saremo ci saremo scordati di tutto. Fino al prossimo attentato.

Vorrei SAP ere

Vorrei sapere... dai sindacati Consortieri da quanti anni non scendono in piazza per protestare contro il Governo. Eppure di problemi ne abbiamo tanti… o no? Vorrei sapere... perché i sindacati Consortieri non protestano contro il Governo che non ci rinnova il contratto di lavoro dal 2009. Ma tant’è... Vorrei sapere... perché i sindacati Consortieri, anziché protestare contro il Governo, criticano il Sap? Vorrei sapere... perché solo ora i sindacati Consortieri criticano il progetto di riordino delle carriere? ...e vorrei sapere... quando i colleghi si regoleranno di conseguenza!

Scriviamo a Gabrielli:

le disfunzioni del sistema MIPG Web negli Uffici di Polizia di tutta Italia

La Segreteria Generale del SAP, pochi giorni fa, ha scritto al Capo della Polizia, il Prefetto Gabrielli, per evidenziare tutte le problematiche e le disfunzioni che il sistema MIPG - WEB sta creando negli Uffici di Polizia di tutta Italia. Il sistema di digitalizzazione dei fascicoli e della posta, introdotto su vasta scala senza una reale e idonea formazione professionale del personale interessato, non è stato preceduto da una preventiva dematerializzazione degli innumerevoli fascicoli cartacei, presenti in tutti gli Uffici Archivi, anche a causa delle immense carenze di personale. E quindi, secondo i più, il sistema di digitalizzazione virtuale, invece di incentivare e velocizzare la trattazione delle pratiche, di fatto sta causando il raddoppio dei tempi di lavorazione, con disagi per gli operatori. A ciò si aggiunge la frequente violazione della riservatezza dei dati personali che l’utilizzo del MIPG WEB ha comportato. La domanda sorge spontanea: è un problema di metodo o di merito?

@GianniTonelli 16.56 14 lug 2016

7050 militari in strada per rafforzare i dispositivi di #sicurezza. Ci aiutano, ma non possono sostituirci!

 

Incubo Tbc, l’incubo di uno di noi

E’ uno di noi. Fa il poliziotto a Ferrara, vuole difendere la sua famiglia, per questo ha richiesto l’anonimato, ed è un responsabile Sap. Lavora tutti i giorni a contatto con gli immigrati, si occupa della prima accoglienza, e da due convive con la Tbc, un incubo, perché contagiato da un migrante malato allo stadio finale. Mascherina e guanti, non essendo idonei, non gli sono serviti a nulla, non sono bastati a proteggerlo. L’ha scoperto solo dopo alcune settimane, con un telex del Viminale, in cui si diceva che in un gruppo di immigrati era stato riscontrato un caso di tubercolosi contagiosa. Si è messa in moto la macchina sanitaria interna e gli hanno fatto il test di Mantoux, quello sul braccio. Troppo tardi: contagiato. In ostaggio, per sempre, di un virus che potrebbe trasformarsi in malattia nel giro di poche settimane. Ma non è diventato un eroe nazionale, i media non lo incensano, non ha ottenuto alcun riconoscimento su nessun fronte. E continua a lavorare, perché questa ‘malattia’ non è invalidante. Prende farmaci ogni giorno, e continuerà a prenderli per il resto della sua vita, ma ogni giorno va al lavoro, in quello stesso ufficio, continuando a servire il suo Stato. Quello Stato che lo sta abbandonando e, da oltre un anno, non gli dà risposte circa la richiesta del riconoscimento della causa di servizio. Non è contagioso e non ha perso l’ironia - "quella che lo ha sempre contraddistinto", dicono i suoi colleghi – e cerca di sdrammatizzare, sempre. I suoi colleghi non lo stanno abbandonando, hanno fatto ‘quadrato’ intorno a lui, alla sua malattia e la sua famiglia, senza farglielo pesare, senza allontanarlo per la paura del contagio. Per lo Stato è solo un un poliziotto, uno dei tanti. Ma è uno di noi.

Al via il concorso per 320 vice ispettore. E noi vigiliamo ..

Sono iniziati in questi giorni i test pre-selettivi del concorso pubblico per 320 posti di allievo vice Ispettore. E noi del Sap, memori delle denunce sulle presunte anomalie relative al concorso per 559 poliziotti, vigiliamo. Abbiamo scritto, in quell’occasione al presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, chiedendogli di approfondire la questione: se il concorso si è svolto correttamente bisogna togliere qualsiasi ombra di dubbio sui suoi vincitori. Ma se la criminalità organizzata ha effettivamente esteso la sua longa manus sui partecipanti, è necessario intervenire. Anche stavolta, dunque, non saremo da meno.

Morte di un boss, ma la mafia non è ancora vinta

La morte del boss di Cosa Nostra, Bernardo Provenzano, purtroppo non rappresenta la fine di un’epoca.

La Mafia non è ancora vinta; la criminalità organizzata, benché abbia cambiato ‘obiettivi’ rispetto agli anni ‘90, è ancora attiva. E va combattuta, sempre e comunque. Non è questo il momento di abbassare la guardia. Non ancora.

@GianniTonelli 12.32 13 lug 2016

La morte di #Provenzano non rappresenta la fine di un’epoca, perché la #mafia non è ancora vinta. Non è il momento di abbassare la guardia.

 

Il SAP al fianco dei Vigili del Fuoco del Conapo

"Siamo il Corpo più mortificato dalla politica. Non chiediamo privilegi ma di essere trattati come gli altri corpi: non siamo un corpo di serie B". Così i Vigili del Fuoco, pochi giorni fa, hanno manifestato davanti al Ministero dell’Economia. Si sentono bistrattati e siamo convinti che le loro ragioni non siano infondate. Il Sap, rappresentato dal Vice Presidente Saro Indelicato, insieme al Sappe e al Sapaf ha voluto scendere in piazza insieme al Conapo. Una protesta silenziosa e composta che si è protratta per qualche ora. Gli operatori - con il lutto al braccio per la tragedia ferroviaria in Puglia - hanno manifestato fino alle ore 13 chiedendo di essere ricevuti al Mef per spiegare le proprie ragioni. E noi... siamo con loro!