Numero 32

Roma, 15 agosto 2016

 

Non cerchiamo gloria, solo rispetto

Non si può morire a 53 anni per colpa di chi non è in grado di arginare la violenza di un gruppo di irresponsabili che ostacola quotidianamente il lavoro delle Forze dell’Ordine alimentando tensioni e scontri e facendone una vera e propria bandiera ideologica. La morte del nostro collega Diego Turra, del Reparto Mobile di Genova, stroncato da un infarto durante un servizio di ordine pubblico causato dai ragazzotti dei centri sociali e dei migranti a Ventimiglia, è inaccettabile. Sono tanti quelli che hanno sostenuto che gli agenti di oltre 50 anni dovrebbero restare in ufficio a svolgere compiti meno gravosi e stressanti piuttosto che reprimere uno scontro violento. Peccato, però, che l’optimum, in Italia, viene spesso bypassato per seguire i diktat della spending review che mettono in secondo piano la sicurezza.

Ho la stessa età che aveva Turra, 53 anni e, anche se può sembrare assurdo, appartengo alla categoria dei "giovani poliziotti" perché l’età media degli agenti oggi è di 47 anni. La crisi economica del 2008, quella che decretò il blocco totale del turnover al 100% (in pratica: ogni 100 agenti in pensione non veniva effettuata alcuna nuova assunzione), è stata sbloccata fino al 55% nel biennio 2013-2014. Poi si è fermata, nonostante la prospettiva fosse quella di arrivare al 70% entro il 2015. Questa situazione, giorno dopo giorno, sta portando all’invecchiamento di tutte le Forze di Polizia. Per cui, salvo in alcune questure di transito in cui gli agenti assegnati sono più giovani, nel resto delle Questure italiane l’età media si avvicina ai 50 anni. Da Roma in giù (Napoli, Taranto, Bari, Palermo), in tutti i reparti, l’età è molto più elevata; nei capoluoghi più grandi al nord la situazione è leggermente diversa, ma non per questo ottimale: sono tantissimi i colleghi che vanno in pensione a 60 anni facendo turni continuativi e notti sulle volanti. E’ questa l’anomalia nel sistema italiano la cui responsabilità è senza ombra di dubbio della nostra classe dirigente di governo. Vieppiù: il falso sblocco del tetto salariale e il blocco dei contratti hanno determinato un impoverimento degli agenti e delle loro famiglie in numero sempre maggiore vicino soglia della povertà. Ecco perché molti colleghi ‘migrano’ per svolgere servizio in reparti particolarmente ‘tosti’ che, al contempo, permettono loro di accedere a trattamenti economici più vantaggiosi: i Reparti Mobili, quelli di Prevenzione Crimine o della Polizia Ferroviaria. Perché è a 50 anni che si ha un figlio da mandare all’università, non a 25. Rischiamo la vita in un Reparto Mobile, a 53 anni, pur di garantire un futuro migliore del nostro a lui. Va da sé, poi, che l’invecchiamento diffuso delle Forze dell’Ordine non giova agli agenti (che possono perdere la vita, come è appena accaduto), ma non giova neppure ai cittadini. Oggi ricominciamo da qui, senza lacrime di coccodrillo né dichiarazioni di ‘vicinanza alla famiglia’ da parte di alte e basse cariche dello Stato al solo scopo di un po’ di notorietà. I ‘morti di fama’ non ci interessano. Ci batteremo come abbiamo sempre fatto per dei provvedimenti concreti: solo così potremo trovare pace per la morte di Diego.

La classe politica non ha rispetto delle divise

Siamo allo sbaraglio per l’età elevata, l’equipaggiamento scadente e la delegittimazione. L’invecchiamento è inesorabile, i mezzi scassati, la formazione approssimativa. E la delegittimazione, soprattutto, è clamorosa!

Ecco le quattro cause principali:

L’INVECCHIAMENTO. L’età media sale e oggi ha raggiunto i 47 anni. Il motivo? Il turnover che funziona a intermittenza. Prima era addirittura a zero, ora al 55%. Troppo poco per fermare il processo di innalzamento dell’età: abbiamo i colleghi sessantenni che vanno in pensione facendo i turni sulle volanti. Un quadro preoccupante, questo, per chi svolge una professione in cui la rapidità dei riflessi e la velocità possono fare la differenza fra la vita e la morte.

SI SPARA POCO. Altro elemento inquietante è la formazione in genere, in particolare quella che si fa in poligono, è ridotta al lumicino. Le cartucce costano e allora si risparmia invece di aggredire gli sprechi. Una volta ci si esercitava, oggi al massimo tre giorni l’anno si sparano trenta colpi, due caricatori. Non solo: si mira solo al bersaglio fisso, perché la formazione con il bersaglio mobile non è prevista. Una carenza sconcertante se la si incrocia con l’aggressività del nuovo terrorismo di matrice islamista, della criminalità organizzata e di quella comune.

L’EQUIPAGGIAMENTO. Anche il materiale in dotazione non è all’altezza. I caschi sono marci e sui giubbotti antiproiettile è in corso una battaglia che noi del Sap portiamo avanti da mesi. Questi giubbotti vengono bucati come il burro dalle armi lunghe anche se il ministro dell’Interno si riempie la bocca parlando di aggiornamento e di ammodernamento del materiale che in realtà è scadente, carente o inesistente.

DELEGITTIMAZIONE. I pregiudizi del partito dell’Antipolizia sono duri a morire. Per questo la nostra proposta è quella di posizionare telecamere sulle divise dei colleghi, in ogni auto e in tutte le celle di sicurezza. Ma la proposta a molti non piace. Chissà, forse perché farebbe crollare tanti teoremi sulla brutalità degli agenti e svelerebbe i comportamenti non sempre irreprensibili di chi manifesta...

#indovinachi?

#indovinachi è quel sindacato che non ha dedicato neanche un piccolo spazio, sul proprio sito, a Diego Turra, il collega deceduto a Ventimiglia

#indovinachi è quel sindacato che ha aspettato di ascoltare le dichiarazioni del "Capo" prima di prendere una posizione sui fatti di Ventimiglia

#indovinachi è quel sindacato che dopo il cordoglio del momento risulta... non pervenuto!

#indovinachi è quel sindacato che è andato in ferie il 29 luglio. E da allora... non ha scritto più una riga sul proprio sito!

 

Sono arrivate le prime medaglie olimpiche targate Fiamme oro: il primo podio l’ha conquistato con un bronzo Elisa Longo Borghini, nella prova in linea di ciclismo su strada. La seconda medaglia, d’argento, l’ha portata a casa Elisa Di Francisca nel fioretto.

Forza ragazzi!

Secondo caricatore, la nostra proposta aproda sulle scrivanie dei vertici

Siamo stati i primi, noi del Sap, a chiederlo. E sono mesi che portiamo avanti la battaglia sul secondo caricatore. Finalmente la nostra istanza è giunta sulle scrivanie dei vertici del Dipartimento, che ci ha informato con una nota ufficiale. Siamo convinti che il momento storico che stiamo attraversando, con l’incombente e concreto rischio del terrorismo islamico giunto a due passi da ‘casa’ nostra, richieda una maggiore capacità operativa da parte degli agenti e una migliore efficacia nella risposta alle minacce esterne. Nell’attività di controllo e di prevenzione antiterrorismo, attualmente, risultano essere impiegate unità appartenenti a diversi Reparti della Polizia di Stato e alle Specialità. Ecco perché ci stiamo battendo affinché, soprattutto il personale che esercita servizio di Volante, venga dotato del secondo caricatore per le armi individuali. E non ci fermeremo qui!

Violazione della privacy sui Ticket restaurant, abbiamo scritto al ministero

Abbiamo scritto al Ministero per segnalare la grave violazione dei diritti dei colleghi in tema di tutela della privacy, poiché anche l’ultima fornitura dei ‘buoni pasto’ è risultata del tutto inadeguata in ordine alla riservatezza e alla sicurezza individuale degli utilizzatori. Entriamo del merito: sui ticket restaurant regolarmente distribuiti, sono stati riportati ancora una volta i dati personali (e quindi sensibili) dei dipendenti. Sul frontespizio, infatti, si legge chiaramente: "MINISTERO DELL’INTERNO – COMM.TO IMOLA – COGNOME E NOME - NUMERO DI MATRICOLA". Ed è assurdo! La condotta dell’Amministrazione, in questo frangente, comporta una aperta violazione della normativa in tema di riservatezza, compreso il Codice della Privacy, senza alcun motivo giustificato. Se questa situazione dovesse continuare a sussistere diverrebbe obbligatorio coinvolgere il Garante della Privacy per inibire un comportamento che reputiamo inaccettabile, al fine di ristabilire la piena legalità.

Potete leggere la nota completa inviata al Ministero sul nostro sito: www.sap-nazionale.org

 

Concorso 1400 Vice Ispettori: le nostre perplessità su valutazioni dei titoli e rientro in sede

Sono appena terminati gli esami scritti, orali e psicoattitudinali del Concorso Pubblico per 1400 vice ispettori. Proprio in questi giorni la Commissione sta iniziando con la valutazione dei titoli. Questa valutazione, tuttavia, ci sta lasciando un po’ perplessi, ed è per questo che il nostro ufficio studi sta valutando la logicità e l’esattezza dei criteri adottati dalla Commissione. Invieremo poi un resoconto completo, a corredo della nostra analisi, al Dipartimento. Circa la questione del rientro in sede, inoltre, secondo il bando ministeriale è stato richiesto ai candidati di scegliere tra dieci diverse sedi di destinazione tenendo conto del Piano di Ripartizione Provinciale. Tuttavia, essendoci carenza di personale e prendendo spunto dal Capo, il prefetto Franco Gabrielli, sarebbe opportuno che i colleghi facessero rientro in sede: i gravi ritardi dell’Amministrazione nel bandire i concorsi pubblici non può e non deve assolutamente ricadere sul personale. Su questo saremo intransigenti, sempre.

Buonisti e ipocriti non ci avrete mai!

Un giornalista di Vice Italia, in occasione di una commemorazione per Federico Aldrovandi, a Ferrara, rispondendo alle domande di un suo collega non ha esitato a definirci un ‘sindacato parafascista’. Il motivo? Siamo un sindacato che si sta battendo contro l’introduzione del reato di tortura, ha asserito lui. Utilizzando termini quali ‘fascista’ o ‘parafascista’, ci è sembrato di tornare indietro nel tempo di oltre 40 anni, a quando se non la si pensava in un certo modo si veniva etichettati, sic et simpliciter, come dei fascisti. Ma essere fascisti, forse il giornalista di Vice Italia non lo sa, significa negare totalmente il principio di democrazia e il rispetto delle idee altrui, come affermava lo stesso Voltaire. Esattamente ciò che sta facendo lui. Sono proprio le sue dichiarazioni a farci precipitare in una condizione anti-democratica, dal momento che non ci ha neppure permesso il diritto di replica. Lo abbiamo prontamente querelato, ma gli abbiamo proposto al contempo un confronto pubblico, in piazza, magari proprio nel capoluogo estense, sul tema del reato di tortura, per conoscere le sue posizioni e le sue ragioni. Non sappiamo se accetterà, non ci ha ancora risposto. Sappiamo solo che chi offende, di solito, non ha argomentazioni per controbattere. Noi del Sap siamo stati i primi a proporre il posizionamento di telecamere su ogni divisa degli agenti, su ogni auto della Polizia e in ogni cella di sicurezza, per garantire la massima trasparenza nelle operazioni. Queste nostre proposte, il giornalista di Vice, le conosceva già quando ci ha definito dei ‘fascisti’?